giovedì 1 marzo 2018

C'era una volta il Bianco Natale

C'era una volta il bianco Natale, quando le stagioni, docili ed addomesticate, seguivano i ritmi del calendario umano e la campagna dava i suoi frutti in modo corretto e le persone avevano le ferie sempre nel periodo giusto per godersi il sano caldo del mare. Ogni tanto, magari, signorina Primavera o Mister Inverno, davano un colpo di testa e per uno, due giorni, si volevan far notare, ma robetta di poco conto che veniva subito sistemata dalle altre tre stagioni: "Via al tuo posto! Non è il tuo momento!".
Proprio in quel periodo, quando le stagioni erano brave, per Natale c'era sempre una spruzzata di neve che, con il suo bianco candore, rendeva meno grigio Mister Inverno. I bambini aspettavano la vigilia di Natale, non certo per i regali, ma per quel calore che solo a Natale si riusciva a sentir bene, un calore che veniva da dentro, che veniva dai sorrisi di mamma e papà.
Il sugo rosso con i funghi secchi, i pesciolini e l'anguilla e il merluzzo fritto che bontà!
C'era una volta il bianco Natale e il panettone era semplicemente farcito con uvetta e canditi, il torrone era duro duro, potevi sceglierlo ricoperto di cioccolato o senza, ma era comunque duro e occorreva tempo, calma e tranquillità per gustarlo. Attorno alla tavola adornata dalla tovaglia rossa la famiglia era più unita che mai, e la fiammella della candela sembrava la luce del sole dal tanto splendore e calore che emanava.
I giovanotti, con il cappotto, la giacca e la cravatta, uscivano vicino alla mezzanotte per recarsi alla messa. Le chiese gremite di spalle “cappottose”, nere, blu, grigio topo, strette strette l'una all'altra, il fruscìo di fondo dei colpetti di tosse, starnuti lievi e trattenuti, l'impeto dei cori Natalizi e poi, per magia, quando il prete alzava l'Ostia benedetta, calava un silenzio quasi surreale, i cuori eran stretti attorno a quel simbolo d'amore unico ed eterno. Le chiese gremite di persone che ci andavano solo una volta all'anno, ma quella volta, quella sola volta, le persone riempivano le chiese con profonda devozione: in fondo doveva durare un anno quella benedizione.
Finita la messa, focolari scoppiettanti scaldavano “al vén brulè” o deliziavano i palati con le caldarroste e  immancabilmente c'era sempre il primo che diceva, con voce allegra: "Nevica! Che gran bel bianco Natale".
-*-
C'era una volta il Bianco Natale... ritmi frenetici da automi, si corre per le vie addobbate alla ricerca dell'ultimo pensiero nella temperatura mite, quasi autunnale, e nel fracasso delle musiche natalizie sparate ovunque. Si corre alla ricerca di un regalo speciale che poi tanto speciale forse non è. Si corre alla ricerca di una gioia non proprio reale, non c'è più il tempo da donare e allora, con amara soddisfazione, si regala un surrogato più o meno costoso.
La cena arriva, ci si siede quasi ansimanti, un po' madidi di sudore e si mangia velocemente, si parla di lavoro, di affari, di politica.
Finisce la cena, si scambiano i regali, ma non sono più quei meravigliosi regali, sono regali di oggetti tristi. Il tempo non c'è per fermarsi a scaldarsi il cuore, bisogna andare, bisogna correre a fare l'aperitivo con gli amici.
Un cuore consumista ci muove e ci rende frenetiche bestie da soma.
Si esce, vestiti eleganti, oppure come un giorno qualsiasi. Non c'è più “al vén brulè”, la chiesa non è più così piena, la benedizione annua non serve più a chi non ha tempo nemmeno per se e per i suoi cari. Al Bar, bevendo un amaro, veramente amaro, si borbotta: "Per fortuna che per ora non ha nevicato".
Non fai in tempo a digerire il morbido torrone, il panettone senza uvetta o senza canditi farcito con improbabile creme dal gusto cioccolato o “plasticoso”, che arriva la chiacchiera, la frittella, le maschere e i coriandoli.
Così, nella mischia del consumismo, la neve è stata spedita in avanti e piano piano si consumano anche le tradizioni.

Nessun commento:

Posta un commento